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28 March | ROME

Aeroporti con i piedi per terra – Intervista a Filippo Carbonari di ADR

Giu 10, 2019 | NEWS

Il viaggio aereo ha, come tutti sappiamo, accorciato le distanze non solo del turismo ma anche del business, per questo gli aeroporti hanno negli ultimi anni iniziato a ripensare ai propri sviluppi immobiliari, per trasformarli in qualcosa di più di semplici stazioni di passaggio di merci e persone. Ma in hub che vanno dal direzionale all’hospitality, creando così delle piccole città all’interno degli aeroporti.

In Italia il caso principe è quello di Fiumicino che nel weekend del 23-24 maggio ha partecipato al tradizionale incontro tra manager del real estate aeroportuale, svoltosi ad Amsterdam. Per scoprire di più abbiamo intervistato Filippo Maria Carbonari, Direttore Real Estate di Aeroporti di Roma.

 

Dott. Carbonari, prima di trattare gli argomenti affrontati, ci può dire di più su questo incontro di Amsterdam e chi vi ha preso parte?

Ogni anno, verso la fine di maggio, i direttori Real Estate dei principali aeroporti europei si riuniscono per condividere progetti ed esperienze. Lo scalo di Fiumicino ormai si confronta alla pari con colossi europei del calibro di Amsterdam, Londra, Parigi, Madrid/Barcellona, Zurigo, Monaco, Francoforte.

Quest’anno è stata la decima edizione e per celebrare questo importante anniversario, l’evento si è svolto nella capitale olandese, sede della prima edizione del 2010. Il gruppo dei partecipanti è molto affiatato, anche perché è frequente ritrovare ogni anno le stesse persone, con le quali si crea un ottimo rapporto di grande collaborazione, stima e condivisione di informazioni e benchmark. Anche se gli aeroporti europei operano in regimi regolatori e contesti normativi molto diversi tra loro, c’è un aspetto li accomuna: il mercato real estate tradizionale.

Ormai tutti i principali gestori aeroportuali, soprattutto nordeuropei, si sono lanciati nella valorizzazione dell’infrastruttura attraverso operazioni di sviluppo immobiliare “open market”.

Le finalità sono comuni: valorizzare l’infrastruttura di viaggio con uffici, strutture retail, servizi per i passeggeri e per chi lavora in aeroporto. Ma non solo. L’obiettivo è anche quello di attrarre aziende che trovino un vantaggio competitivo nel posizionare il proprio headquarter presso un centro multimodale di trasporto, inserito in un network mondiale di destinazioni connesse. L’aeroporto di Fiumicino, oltre a risultare per il secondo anno consecutivo il primo aeroporto in Europa per qualità del servizio offerto, come certificato dall’ACI (Airport Council International), ora è presente nel consesso annuale del real estate aeroportuale con il proprio piano di sviluppo immobiliare, al pari dei grandi scali internazionali. Un piano che prevede, tra l’altro, la realizzazione di un nuovo Hotel, di una nuova torre uffici di fronte al Terminal 1 e soprattutto del progetto Hubtown: la prima airport city italiana, con un vero e proprio quartiere business di tipo mixed use nel cuore dell’aeroporto, in un contesto dove la parola d’ordine è facilità di “commuting”, immobili di alta qualità certificati Leed Gold e soprattutto costi molto competitivi.

 

Questo dimostra che l’interesse tra sviluppi immobiliari mixed-use e aeroporti è un legame destinato a crescere nel tempo. Stiamo entrando in una nuova fase per le stazioni aeroportuali, ormai un’asset class immobiliare all’estero?

Credo che la migliore risposta a questa domanda sia raccontare un aneddoto avvenuto durante il meeting.

L’aeroporto di Amsterdam è stato il capostipite di questo processo visto che i primi sviluppi real estate sono partiti nel 1993, con la realizzazione del centro direzionale “The Base”. Oggi Schipol è una vera città, tanto che altri investitori hanno iniziato a sviluppare uffici e servizi connessi e strutture di logistica avanzata nei terreni intorno all’aeroporto. Ma l’aneddoto riguarda la sede di Microsoft: un edificio di 6 piani nel complesso originario di “The Base”, completamente ristrutturato e ovviamente altamente tecnologico senza postazioni fisse ma solo con spazi condivisi.

Un rappresentante di Microsoft ci ha raccontato che alla scadenza del vecchio contratto decennale, si è scatenata una guerra con offerte da capogiro fra i principali fondi di investimento olandesi e internazionali per convincere l’azienda a spostare la sede in uno dei tanti palazzi moderni nel centro di Amsterdam.

Microsoft ha però deciso di restare in aeroporto per ulteriori 10 anni, approvando un importante progetto di ristrutturazione. I motivi di questa scelta? Facilità di commuting, contaminazione con le tante aziende che hanno sede nello scalo, la presenza di servizi per le imprese e per le persone, hotel, aree commerciali e soprattutto essere all’interno di un network aeroportuale fisiologicamente aperto al mondo. È quindi facile capire come un aeroporto moderno, con una strategia di sviluppo non solo infrastrutturale, ma anche immobiliare tradizionale, sia capace di attrarre importanti tenants e investitori. Un ultimo esempio: “The Circle” presso l’aeroporto di Zurigo, con un investimento di 900 milioni di euro finanziato al 51% da Zurich Airport e al 49% dal più importante Fondo Pensione svizzero. Nell’infrastruttura ci saranno due Hyatt Hotel, una clinica universitaria, un centro congressi da 2.500 posti, molti showroom di brand del lusso e uffici Leed Platinum. L’inaugurazione è prevista a maggio 2020.

 

Possiamo quindi dire che anche Hubtown a Fiumicino è all’avanguardia in Italia?

Certamente. In primis perché per la prima volta l’aeroporto internazionale di Fiumicino, con le sue 200 destinazioni nel mondo, si apre ad un’ampia gamma di utenti, dalle startup alle grandi multinazionali.

In secondo luogo, è raro trovare in Italia un’azienda, come Aeroporti di Roma, capace di creare il concept immobiliare, garantire il permitting, progettare direttamente, investire le proprie risorse finanziarie, costruire e poi gestire direttamente un business district, che a regime raggiungerà i 90.000 mq. Realizzare e gestire direttamente è garanzia di affidabilità nei tempi di progettazione e assicura alti livelli di qualità del prodotto. Aggiungo che in un contesto romano con grandi difficoltà di spostamento, Hubtown rappresenta una rivoluzione in termini di capacità di commuting, con una rete infrastrutturale su gomma e su ferro, in naturale evoluzione perché necessaria a sostenere la crescita costante del traffico aereo che oggi ha già raggiunto i 43 milioni di passeggeri.

Disporre di una stazione ferroviaria integrata nel distretto è un valore aggiunto inestimabile per chi lavora a Roma. Poter contare su alta velocità, molteplici collegamenti diretti con la stazione Termini in aggiunta a una linea regionale in fase di rinnovamento già dal prossimo anno, che garantisce tempi certi e condizioni economiche nettamente più vantaggiose rispetto al costo medio giornaliero di spostamento in auto. Proprio per questo, ADR sta lavorando con Trenitalia per creare offerte ancora più convenienti per i futuri lavoratori basati ad Hubtown. Infine, in un contesto italiano caratterizzato da scarsità di prodotti nuovi, Hubtown rappresenta la vera novità. Non solo per la qualità degli edifici e i prezzi altamente concorrenziali, ma anche per la sostenibilità del progetto necessariamente in linea con gli standard già molto alti dell’aeroporto.

Non si può poi celare una vocazione naturale verso il mondo tech del distretto con al suo interno un “Innovation Hub” per l’incubazione e l’accelerazione di startup e, un centro congressi capace finalmente di attrarre a Roma il settore MICE internazionale.

 

Quindi come ADR vi siete già mossi per raggiungere lo stesso livello delle altre importanti destinazioni europee?

Il 2019 è un anno cruciale perché stiamo completando la progettazione esecutiva ed in parallelo le fasi di permitting. Allo stesso tempo stiamo procedendo con la pre-commercializzazione delle funzioni complementari (palestra, centro medico, ristorazione, etc.), mentre abbiamo già avviato i primi contatti con importanti gruppi internazionali per la locazione degli uffici. E visto che sono i primi interlocutori, cerchiamo di offrire un prodotto molto personalizzato. I primi spazi saranno pronti a fine 2021.

 

Tolto il vostro caso l’Italia, come in molti settori immobiliari, vede un netto gap con l’Europa. Come mai molti aeroporti europei sono riusciti a costruire queste “città”, mentre qui no?

Non posso nascondere che gli aspetti normativi del nostro Paese sono una delle cause maggiormente penalizzanti. All’estero le Istituzioni incentivano lo sviluppo a 360° degli aeroporti, ben consapevoli che uno scalo in espansione, garantisce un notevole sviluppo economico al territorio che lo circonda. In Italia, le Istituzioni si muovono all’interno di sistemi normativi prescrittivi e non aggiornati per questo tipo di sviluppo. Nel nostro caso, la qualità evidente della proposta immobiliare che sottoponiamo alla verifica dei vari Enti coinvolti crea condivisione e permette di individuare la strada da percorrere per rendere gli investimenti fattibili. Ma con un evidente dispendio di tempo e tante energie sprecate. Insomma, in Italia siamo di fronte ad un circolo vizioso: le Istituzioni non aiutano, o per lo meno non incentivano, costringendo i gestori aeroportuali a rimanere ancorati al core business classico, rischiando di non sfruttare pienamente il potenziale “mercato real estate” incluso nell’industry aeroportuale. La conseguenza di tutto questo è che gli investitori real estate non percepiscono fino in fondo il potenziale di value creation del settore. Sono sicuro, però, che il progetto Hubtown avrà un forte impatto, non solo sull’offerta immobiliare del mercato locale, ma anche nell’agevolare la nascita di un nuovo interesse dell’industry immobiliare verso un settore ancora poco sfruttato ma dalle grandi potenzialità.

Di Kevin Massimino
pubblicato su il Quotidiano Immobiliare

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